Liberi! n.72 – NOVEMBRE 2023

As.P.I. e il senso del Volontariato. Senza chiedere nulla in cambio.

Il costante ritorno in presenza delle attività di gruppo, dedicate ai nostri pazienti della malattia di Parkinson e alle loro famiglie, ha riportato al centro dell’attenzione l’importanza delle relazioni, del saper condividere progetti e creare comunità.

Questa è una delle essenze del volontariato che ci accomuna: sentirsi piccola parte di qualcosa di più grande e alto per il quale vale la pena investire sé stessi e il proprio tempo. Tutto ciò per creare e rafforzare quei valori che significano stare bene con gli altri, costruire insieme benessere di gruppo, per gli altri e per sè stessi.

Alle opere di volontariato proattivo – come la nostra Associazione Parkinson Insubria cerca di fare con significativo successo e crescita costante – dal mondo istituzionale, politico e sociale, a più voci, è stato attribuito un ruolo di “costruttori di benessere”, aiuto ed estensione sul territorio di messaggi concreti e riferimento costante per migliaia di malati e famiglie. Il compito è di supporto, di servizio accessorio alle strutture sanitarie domiciliari, presenza costante sul territorio coadiuvando nell’assistenza, nei corsi di intrattenimento l’azione delle strutture pubbliche degli assessorati regionali e comunali dei servizi sociali.

Ecco che, assolvendo questo compito di unione e legame tra istituzioni e le famiglie del territorio dell’Insubria, la nostra presenza attiva ha necessità di dialogo costante, aiuto, supporto, stimolo e sinergie con altre realtà, istituzionali e non governative, per non perdere l’obiettivo dell’operatività nella società: rendere un servizio prezioso alla collettività. Senza ‘se’ e senza ‘ma’, senza chiedere nulla in cambio. Ma vigilando con rigore affinché i servizi sul territorio funzionino con efficienza a beneficio dei malati e dei caregivers e che le promesse fatte dalle istituzioni e dalle strutture sanitarie vengano sempre mantenute.

Nei giorni scorsi visitavamo, nel quadro di ‘Bergamo-Brescia Capitale italiana della Cultura 2023’, un luogo magico a Lonato sul Garda: la casa del Podestà, gestita dalla Fondazione culturale Ugo da Como. Accanto alla rocca medievale, in una magnifica biblioteca, che contiene il libro più piccolo del mondo, ci ha stupito una scritta sulla parete: “Recte facti fecisse merces est”. In pratica, “La ricompensa di una buona azione sta nell’averla compiuta”. Senza nulla in cambio. Uscendo da quel luogo meraviglioso ispirato allo studio della storia e della società, abbiamo ripensato allo spirito vero del volontariato, al nostro agire, a volte nell’ombra a volte alla luce del sole, sempre in silenzio, senza suonare trombe. Questo siamo noi: un’associazione As.P.I. ben incardinata nel territorio che, fedele allo spirito dei nostri fondatori (da Edy Paroni Pennisi alla dott.ssa Emilia Martignoni, ecc), si ritroverà a Varese anche sabato 25 novembre 2023 nella Giornata Nazionale Parkinson: dal mattino formativo in sede, alla presenza di medici e ricercatori, al pomeriggio musicale al Salone Estense con i solisti della Camerata Ducale di Vercelli e del grande violinista Guido. Rimonda per l’intrattenimento di malati, famiglie ed amici, riaffermando quei valori imperituri di servizio che da sempre ci caratterizzano.

G. M.

Liberi! n.71 – Giugno 2023

Il primato della ricerca e l’esigenza del dialogo tra medico e paziente

La ricerca scientifica in campo medico può dare un grande contributo a trovare soluzioni che contemperino lo sviluppo economico di oggi con i bisogni delle generazioni future. L’evoluzione tecnologica, la ricerca ed il progresso delle conoscenze genetiche e molecolari hanno di fatto trasformato la medicina tradizionale in una “medicina di specializzazione”. Questo cambiamento ha interessato tutte le aree della medicina, ma ha avuto notevole impatto nelle neuroscienze cliniche, quali la neurologia. Con moderne tecniche oggi possiamo tracciare mappe del cervello e definire reti di neuroni che si attivano in funzione dei compiti che questo organo deve governare. Questi studi possono essere applicati al cervello sano per comprenderne il funzionamento nei comuni atti della vita quotidiana, ma e evidente che il principale campo di applicazione e quello della diagnosi e della cura delle malattie neurologiche, sia acute come l’ictus cerebrale e l’epilessia sia croniche quali la malattia di Parkinson, Alzheimer e tutte le affezioni infiammatorie del cervello. Grazie alla tecnologia possiamo affrontare prima e meglio le malattie del cervello legate all’invecchiamento. Questo nuovo approccio alle malattie del cervello richiede per neurologi, neurochirurghi, psichiatri e ricercatori una conoscenza sempre più specifica ed approfondita con la conseguente necessita di saper collaborare dialogando attraverso un linguaggio comune.

Qui si impongono tre aree di grande importanza nelle quali il linguaggio e l’educazione ad un dialogo comune porti ad una soddisfacente comprensione reciproca e a risultati concreti:

  1. La capacità finanziaria deve essere alla base di ogni centro di ricerca medico scientifica in un Paese che si ritiene moderno ed evoluto. Qui si innestano riflessioni che toccano da vicino le priorità che ogni Governo si pone e tutti devono sforzarsi nel realizzare progetti concreti e finanziati che abbiano a cuore una visione lungimirante del proprio Stato e della sua popolazione. Qui la miopia diventa una colpa grave per governanti.
  2. Un nuovo dialogo tra discipline che si occupano del cervello in modo “scientifico” e quelle umanistiche che hanno una sorta di visione olistica con la funzione di questo organo;
  3. Il tema antico, ma sempre attuale, dell’educazione al dialogo medico-paziente è sicuramente un cardine inamovibile della medicina, soprattutto in campo neurologico.

Riguardo al secondo punto – quello del rapporto tra neuroscienze e scienze umanistiche – siamo sicuramente ai primordi di un dialogo che va sviluppato in tempi rapidi. La rivoluzione della genomica e i progressi delle neuroscienze nella comprensione del cervello umano rappresentano due fattori, al fine di realizzare, come afferma il grande neuro scienziato e premio Nobel per la Medicina, Eric Kandel, l’aspirazione della scienza a un nuovo Umanesimo, nell’intento di migliorare non soltanto le cure mediche, ma di mutare la visione di noi stessi e degli altri. Ci stiamo avviando verso un nuovo tipo di medicina con diagnosi e trattamenti “personalizzati”, portandoci a concepire il paziente come una Persona” e non più come uno dei tanti “casi patologici” da curare. Il terzo punto è quello dell’antico ruolo della cultura nel dialogo e rapporto medico-paziente. Con la malattia, il soggetto diventa fragile, indifeso, insicuro, ansioso. Nei confronti del medico assume un ruolo di dipendenza psicologica, di sottomissione. Oltre ad essere rispettoso e gentile e comprensivo,
il medico, ed in particolare il neurologo, deve “saper comunicare”. Forse la prima necessità è parlare con verità, ma l’altra esigenza è comunicare con tatto e sensibilità, sapendo cogliere le aspettative e le reazioni del paziente e del familiare che ci si trova davanti. In caso contrario, il dialogo assume un risultato negativo.

Comunicare col paziente in modo positivo per alcuni medici è quasi innato, ma per altri è un processo che si apprende con studio ed esperienza, ma la disponibilità personale ad affrontare questo tipo di formazione è il requisito fondamentale per una medicina al passo con i tempi e realmente a misura d’uomo.


Giuseppe Macchi

Liberi! n.70

Abitare se stessi. Una condizione per dare qualità alla vita.

L’uomo da sempre esprime la propria esigenza di esistere attraverso un’etica (ethos) ovvero un modo di essere e vivere con gli altri ma anche e innanzitutto con sé stessi.

Quello che stiamo vivendo è indubitabilmente un periodo di grandi disagi di ogni sorta. Non solo disagi dovuti alla pandemia da Covid, che da tanto tempo ormai ci esaspera, ma anche da quel processo culturale subdolo per il quale il mondo ci induce o meglio ci sta costringendo a perdere le caratteristiche proprie e i comportamenti peculiari di ciascuno di noi per uniformarci alle tendenze dominanti. Eppure nonostante questo non ci sappiamo fermare.

“Non ho tempo” è uno dei ritornelli tipici della nostra società, cioè non ci sappiamo fermare. Ma perché mai siamo così, mi domando. In mezzo a tanto frastuono, e i mezzi di comunicazione hanno le loro responsabilità a crearne parecchio, si è persa la capacità di ascoltare se stessi. Se non ci lasciamo vivere, quando non permettiamo ad altri di decidere e pensare per noi, se non beviamo tutte le certezze preconfezionate che ci vengono propinate forse potremmo accedere a gustare la nostra vita interiore.

Dico questo anche in considerazione che il Parkinson, con il quale abbiamo a che fare, ci pone tanti condizionamenti e abbiamo cominciato a prenderne coscienza da quando ci siamo conosciuti, vuoi per accompagnare i nostri cari a fare le attività proposte dall’AsPI, vuoi andando a bere il caffè insieme e vuoi anche grazie ai gruppi di Parola che sicuramente continueranno dopo le ferie.

Dopo questa breve digressione torniamo al tema principale: “Non sappiamo ascoltarci”. A poco vale ricercare l’ascolto altrui senza ascoltare se stessi. L’ascolto altrui, purché competente, non può che aiutare a ritrovare la strada dell’ascolto della nostra vita interiore. Concentriamoci, per avere una vita interiore cioè vivere in sé umanizzandoci, costruendo la propria personalità trovando un senso, un significato alla vita, per essere soggetti autonomi ma responsabili.

Oggi purtroppo siamo arrivati a definire la nostra società con una metafora che definisce l’etica dei comportamenti: liquida. La società odierna non è solo liquida cioè senza stabilità di principi e virtù e dove i poteri si allontanano sempre più da qualche possibilità di controllo ma anche individualista. Osserverete anche voi come al giorno d’oggi nella società, nel mondo, la tendenza sia quella di far prevalere in modo insistente gli interessi individuali e personali su quelli collettivi. Questo atteggiamento spasmodico ci costringe al centro di tutto ciò che accade, scostandoci decisamente dalle considerazioni altrui e dagli altrui punti di vista. Non è pensabile che io possa valere come l’altro non credendo nell’uguaglianza dell’umanità. Questo comportamento non fa altro che indebolire la società con le ovvie e constatabili conseguenze.

La nostra Associazione non mira solamente a fornire un servizio d’informazione sull’evoluzione e cura della malattia ma vuol porsi come punto di riferimento per rispondere alle esigenze di socialità, per ammalati e famigliari che si vogliono mettere in gioco. Fin dalla sua fondazione gli associati AsPI vivono momenti comunitari. Per ovvie conseguenze di questa malattia, che progressivamente ma costantemente ci rende meno padroni delle nostre facoltà, tendiamo ad allontanarci dalla vita comunitaria. Quello che sta avvenendo ultimamente e provvidenzialmente è un movimento di controcorrente rispetto alle considerazioni fin qui fatte che investono la nostra società. Sta avvenendo un fatto sorprendente che dall’esperienza pluriennale di appartenenza all’AsPI non si era mai verificato con così tanta evidenza e veemenza.

Stiamo costruendo assieme una società di benessere nonostante… Ci stiamo educando un po’ inconsapevolmente, e questo è apprezzabile, ad ascoltare il nostro io troppo condizionato dal P. e non parlo solo degli assistenti famigliari ma anche dagli ammalati che cominciano a distrarre la loro attenzione da quel tipo invadente per ascoltare un po’ più sé stessi.

Diciamo pure che questo processo sta avvenendo grazie all’atteggiamento di condivisione, all’attività in comune, all’empatia scaturita sorprendentemente superando la titubanza iniziale a lasciarci coinvolgere; all’attività svolta nei gruppi di parola, alla simpatia delle nostre speciali e professionali volontarie, ai caffè distensivi o ai convivi (vivere-insieme), potete continuare voi…

Pur se immersi in questa cacofonia del mondo che ci circonda sta avvenendo una cosa semplicemente meravigliosa: l’ascolto di sé e degli altri. La cacofonia genera rumore ma l’ascolto genera musica, la musica che ci accompagna piacevolmente, ci rasserena e ci concilia con ciò che ci assilla tremendamente: stiamo educandoci ad abitare con noi stessi. Non è libertà?

F.G.

Liberi! n.69

Quando sembra di remare contro corrente ci animiamo di nuove forze

Poche ma solide certezze per vivere insieme l’attualità

Quella che stiamo vivendo è un’estate molto diversa dalle precedenti. La torrida canicola che ci assale è legata ai cambiamenti climatici e alla siccità che condiziona molti aspetti del nostro territorio e della nostra vita. Non svaniscono la paura della crisi economica enfatizzata dai crescenti costi dell’energia e le incertezze internazionali “figlie” dell’esito del conflitto assurdo, una guerra folle che sta insanguinando l’Ucraina.

E in questo quadro si colloca la recrudescenza degli effetti contagiosi del Covid che, nonostante le alte temperature, sembra mutare in innumerevoli varianti e minare le certezze primaverili della medicina, inducendo milioni di persone verso la quarta dose, da qui all’autunno.

Di certo occorre avere nervi saldi in questo periodo dove si rischiano infortuni ad ogni piè sospinto, un tempo d’incertezza in cui sembra sia opportuno richiamare la frase di Giuseppe Ungaretti “…si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”.

Intense espressioni che, nella poesia, evidenziano sentimenti di fragilità e precarietà dell’esistenza. Troppo spesso sottovalutiamo l’unicità della vita, ricordandola solo nei momenti di paura e di incertezza.

Per fortuna, o per meglio dire grazie alle nostre capacità, non tutto è provvisorio, non tutto è caduco. Una certezza, per esempio, è il volontariato e lo spirito d’amicizia che caratterizza l’operato di centinaia di gruppi tra Varesotto e Altomilanese.

E ciò che si costruisce giorno dopo giorno a supporto di chi soffre, di chi ha bisogno di aiuto e condivisione del disagio. Allora possono servire i consigli per parkinsoniani che esprimiamo a pag.11, le frasi colme di impegno professionale pronunciate nell’intervista a pag. 4 dal dott. Marco Gallazzi il referente del Centro Parkinson di ASST Sette Laghi.

E quando leggiamo gli interventi del nostro amico Prof. Marco Cosentino, direttore del Centro di Ricerca in Farmacologia Medica dell’Uninsubria di Varese, il morale sale: il progetto del quale lui ci parla a pag.8 è volto a consolidare una rete internazionale di ricerca e formazione di base e clinica sul ruolo del sistema immunitario nello sviluppo e nella progressione della malattia di Parkinson, con lo scopo di sviluppare terapie farmacologiche non soltanto sintomatiche bensì in grado di ritardare l’insorgenza e l’evoluzione della malattia, se non anche di prevenirla.

Insomma, da qualunque parte noi rivolgiamo lo sguardo troveremo sempre difficoltà, salite impervie, incomprensioni. Ma se osserviamo lo spirito di chi costruisce ponti, allarga le proprie prospettive e cerca condivisioni ed accordi fattivi e preziosi e rinuncia a parte di sé per raggiungere insieme obiettivi comuni allora siamo sicuri di poter vivere animati dalla speranza in un domani migliore per noi e per le giovani generazioni. Partendo però dalle poche ma solide certezze dei valori con cui viviamo l’attualità.

Giuseppe Macchi

Liberi! n.69

Liberi! n.68

Parkinson e Covid, tanto differenti quanto simili: ripartiamo dalle persone

Nel giro di valzer degli ultimi due anni – praticamente quelli della pandemia – spesso abbiamo sentito parlare dell’importanza di essere solidali, resilienti, capaci di saperci adattare alle situazioni critiche cogliendo però gli elementi in nostro favore. Insomma, viviamo un’epoca in cui diventa vincente saperci muovere nel rispetto degli altri e di un tempo che ha stravolto la vita di molti, se non quasi di tutti.

Tutti, dal febbraio 2020 ad oggi, abbiamo mutato abitudini, adattato i nostri comportamenti, attuato quella saggezza e razionalità suggerita dalla necessità incombenti. A tutti i livelli, tra veti, mascherine, assembramenti, accessi contingentati, misure di prevenzione.

All’inizio la paura e l’impreparazione ci paralizza. Poi la presa di coscienza scatena la mobilitazione, l’attenzione alle cure sanitarie, alle terapie farmacologiche e riabilitative. Lo spirito di reazione fa la differenza e intorno al malato è auspicabile si formi un concorso di mutuo aiuto, di affettuoso e scambievole dialogo ed intervento tra famiglie che vivono simili realtà e valide realtà socio – sanitarie e di volontariato come As.P.I. che suggeriscono i migliori antidoti per vivere e contrastare al meglio la malattia di P. al punto da beffeggiarla e ridurre al minimo i disagi, se possibile. Vince così la resistenza dinamica.

Certamente la pandemia da Covid-19 ha provocato 140mila decessi in Italia in breve tempo ed un clima di paura generalizzata in una popolazione vasta, di varia età e trasversale, intaccando la salute di persone sane e peggiorando terribilmente quella di coloro che già erano fiaccati dalle malattie.

Ma lo spirito base di riorganizzazione familiare e mobilitazione e il criterio di reazione per contrastare sia il Parkinson sia il Covid-19 sono simili, ascoltando ed attuando i pareri dei ricercatori, i pareri della Comunità scientifica. E tra le reazioni più evolute e produttive che pandemia e Parkinson ci impongono certamente esiste una progressiva dismissione del superfluo dalle nostre vite: quegli orpelli che spesso appesantivano il cammino e confondevano il raggiungimento della meta oggi i sociologi sostengono siano stati in gran parte depurati dalla quotidianità.

Come del resto sono stati rafforzati i valori vincenti della cooperazione e della mutualità: questi non sono mai stati richiamati così tanto come nell’ultimo anno e mezzo. E allora certi slogan

sono divenuti refrain ricorrenti: “Nessuno si salva da solo, tutti navighiamo sulla stessa barca, tutti dobbiamo sforzarci nell’individuare soluzioni per il bene comune”.

Ecco perché, pur con disagi e la natura diametralmente differente tra Covid e Parkinson, la capacità di reazione e mobilitazione davanti al disagio ha suscitato riflessioni comuni e cambio di passo verso ripartenze che puntano alla qualità e ai valori autentici della Persona.

Resta una realtà incontrovertibile: quando un malato soffre di Parkinson, mette a dura prova tutta la resistenza della famiglia; quando nella società si scatena una pan

Pandemia ciascuno si spaventa e tende a chiudersi; subito dopo però ad aprirsi e a fare cerchio, a trovare soluzioni positive e tendenzialmente risolutive. Tutti dobbiamo fare Comunità, capire

come condividere il disagio, aiutarci nell’uscita dal tunnel e ripartire insieme. Con spirito solidale.

Dalla presidenza e consiglio direttivo dell’Associazione Parkinson Insubria Onlus, dalla direzione e dalla redazione del periodico LIBERI!, cogliamo l’occasione per unirci in un abbraccio (anche se virtuale) a tutti i lettori e a coloro che, nel corso dell’anno, ci sostengono a vari livelli, istituzionali e di volontariato. Porgiamo a tutti i

più affettuosi AUGURI di S. NATALE e di un anno 2022 migliore e ispirato alla gioia.

Giuseppe Macchi

Liberi! n.68