Liberi! n.70

Abitare se stessi. Una condizione per dare qualità alla vita.

L’uomo da sempre esprime la propria esigenza di esistere attraverso un’etica (ethos) ovvero un modo di essere e vivere con gli altri ma anche e innanzitutto con sé stessi.

Quello che stiamo vivendo è indubitabilmente un periodo di grandi disagi di ogni sorta. Non solo disagi dovuti alla pandemia da Covid, che da tanto tempo ormai ci esaspera, ma anche da quel processo culturale subdolo per il quale il mondo ci induce o meglio ci sta costringendo a perdere le caratteristiche proprie e i comportamenti peculiari di ciascuno di noi per uniformarci alle tendenze dominanti. Eppure nonostante questo non ci sappiamo fermare.

“Non ho tempo” è uno dei ritornelli tipici della nostra società, cioè non ci sappiamo fermare. Ma perché mai siamo così, mi domando. In mezzo a tanto frastuono, e i mezzi di comunicazione hanno le loro responsabilità a crearne parecchio, si è persa la capacità di ascoltare se stessi. Se non ci lasciamo vivere, quando non permettiamo ad altri di decidere e pensare per noi, se non beviamo tutte le certezze preconfezionate che ci vengono propinate forse potremmo accedere a gustare la nostra vita interiore.

Dico questo anche in considerazione che il Parkinson, con il quale abbiamo a che fare, ci pone tanti condizionamenti e abbiamo cominciato a prenderne coscienza da quando ci siamo conosciuti, vuoi per accompagnare i nostri cari a fare le attività proposte dall’AsPI, vuoi andando a bere il caffè insieme e vuoi anche grazie ai gruppi di Parola che sicuramente continueranno dopo le ferie.

Dopo questa breve digressione torniamo al tema principale: “Non sappiamo ascoltarci”. A poco vale ricercare l’ascolto altrui senza ascoltare se stessi. L’ascolto altrui, purché competente, non può che aiutare a ritrovare la strada dell’ascolto della nostra vita interiore. Concentriamoci, per avere una vita interiore cioè vivere in sé umanizzandoci, costruendo la propria personalità trovando un senso, un significato alla vita, per essere soggetti autonomi ma responsabili.

Oggi purtroppo siamo arrivati a definire la nostra società con una metafora che definisce l’etica dei comportamenti: liquida. La società odierna non è solo liquida cioè senza stabilità di principi e virtù e dove i poteri si allontanano sempre più da qualche possibilità di controllo ma anche individualista. Osserverete anche voi come al giorno d’oggi nella società, nel mondo, la tendenza sia quella di far prevalere in modo insistente gli interessi individuali e personali su quelli collettivi. Questo atteggiamento spasmodico ci costringe al centro di tutto ciò che accade, scostandoci decisamente dalle considerazioni altrui e dagli altrui punti di vista. Non è pensabile che io possa valere come l’altro non credendo nell’uguaglianza dell’umanità. Questo comportamento non fa altro che indebolire la società con le ovvie e constatabili conseguenze.

La nostra Associazione non mira solamente a fornire un servizio d’informazione sull’evoluzione e cura della malattia ma vuol porsi come punto di riferimento per rispondere alle esigenze di socialità, per ammalati e famigliari che si vogliono mettere in gioco. Fin dalla sua fondazione gli associati AsPI vivono momenti comunitari. Per ovvie conseguenze di questa malattia, che progressivamente ma costantemente ci rende meno padroni delle nostre facoltà, tendiamo ad allontanarci dalla vita comunitaria. Quello che sta avvenendo ultimamente e provvidenzialmente è un movimento di controcorrente rispetto alle considerazioni fin qui fatte che investono la nostra società. Sta avvenendo un fatto sorprendente che dall’esperienza pluriennale di appartenenza all’AsPI non si era mai verificato con così tanta evidenza e veemenza.

Stiamo costruendo assieme una società di benessere nonostante… Ci stiamo educando un po’ inconsapevolmente, e questo è apprezzabile, ad ascoltare il nostro io troppo condizionato dal P. e non parlo solo degli assistenti famigliari ma anche dagli ammalati che cominciano a distrarre la loro attenzione da quel tipo invadente per ascoltare un po’ più sé stessi.

Diciamo pure che questo processo sta avvenendo grazie all’atteggiamento di condivisione, all’attività in comune, all’empatia scaturita sorprendentemente superando la titubanza iniziale a lasciarci coinvolgere; all’attività svolta nei gruppi di parola, alla simpatia delle nostre speciali e professionali volontarie, ai caffè distensivi o ai convivi (vivere-insieme), potete continuare voi…

Pur se immersi in questa cacofonia del mondo che ci circonda sta avvenendo una cosa semplicemente meravigliosa: l’ascolto di sé e degli altri. La cacofonia genera rumore ma l’ascolto genera musica, la musica che ci accompagna piacevolmente, ci rasserena e ci concilia con ciò che ci assilla tremendamente: stiamo educandoci ad abitare con noi stessi. Non è libertà?

F.G.

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