Liberi! n.56

Il coraggio di esporsi

di Giancarlo Nazari

Nato come trasmissione provocatoria e di intrattenimento satirico, il programma televisivo “Le iene” ha da tempo ampliato i suoi orizzonti con inchieste e servizi impegnati. Con l’obiettivo di portare alla conoscenza le situazioni normalmente ignorate dal grande pubblico ed, eventualmente, renderlo più consapevole delle problematiche sociali di maggiore rilievo. In questa prospettiva, Le Iene hanno dedicato ben due puntate che hanno avuto per protagonista Max Manara, un pescatore quarantacinquenne di Mandello Lario che dall’età di 17 anni soffre del Parkinson giovanile, malattia ad evoluzione lenta ma progressiva che avrebbe finito con il compromettere la sua qualità della vita. Manara non ha avuto difficoltà a raccontare la sua storia, la sua vita, le sue sofferenze. E le speranze, affidate ad un’operazione chirurgica a basso rischio (ma non per questo di facile esecuzione) consistente nell’introduzione di microelettrodi all’interno delle strutture cerebrali e nel loro collegamento ad un pacemaker sul tipo di quelli usati da anni in cardiologia. La corrente elettrica interagisce con i circuiti cerebrali contrastando gli effetti della malattia. Dicevamo ben due puntate (cosa abbastanza insolita per un programma TV): la prima alla vigilia dell’intervento, l’altra (due settimane più tardi) ad operazione conclusa con la troupe televisiva impegnata a seguire il decorso post operatorio. “Quando ti alzi in piedi e non fai fatica a partire ti senti un’altra persona”, ha detto il pescatore mandellese, ed ha aggiunto “Adesso la vita è ancora più bella”; e sono i presupposti per ricominciare a lavorare in piena autonomia. Certo, non siamo di fronte a un miracolo, e prima di arrivare ai risultati ottimali dovranno passare settimane, forse anche mesi, Max continuerà ad utilizzare i farmaci, ma in ogni caso l’intervento chirurgico ne modifica sensibilmente i sintomi. Grazie a Max, coraggioso due volte: per avere scelto l’operazione, e per avere comunicato la sua esperienza a tanti Parkinsoniani che ancora “non se la sentono”. Perché, come ha detto nell’intervista, “…chi vive sperando…”.

LIBERI! N.56

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