Liberi! n.55

Omaggio a Muhammad Ali.

di Giancarlo Nazari

Diceva di se stesso “sono il più grande”, ma non era tale solo sul ring: le sue battaglie le ha combattute anche sul campo contro l’apartheid, la guerra e il riscatto sociale dei neri d’America. Come ha commentato il primo presidente di colore degli Stati Uniti “…il mondo è migliore grazie a lui, ha scosso il mondo e per questo ha consentito di abituarci all’America che oggi conosciamo…”.

Nel bene e nel male la vita non gli ha risparmiato niente: la medaglia olimpica dei giochi romani del 1960, la fama ed i guadagni della sua lunga presenza sul ring, la candidatura al premio Nobel, e per contro l’umiliazione di vedersi rifiutato l’accesso ad un bar riservato ai bianchi nell’America ancora profondamente razzista degli anni sessanta, la privazione del titolo e persino la minaccia del carcere per essersi rifiutato di combattere in Vietnam. Un uomo svelto sulle gambe negli incontri validi per il titolo mondiale dei pesi massimi, ed ugualmente dalla lingua pungente quando si trattava di testimoniare contro l’apartheid e la segregazione razziale “muovendosi come una farfalla e capace di pungere come un’ape” (come ebbe a dire in una delle sue fortunate autodefinizioni).

Aveva cambiato nome dopo la conversione all’Islam: “…Cassius Clay è un nome da schiavo. lo non l’ho scelto e non lo voglio. lo sono Muhammad Ali, un nome libero, che significa  amato da Dio…” e nel 1971, dopo che la sua condanna per renitenza alla leva era stata annullata dalla Corte Suprema, aveva precisato “…ho già festeggiato, ho pregato Allah…” e ancora “… tutto quello che posso fare è combattere per la verità e la giustizia. Ma non posso salvare nessuno…”. 

Lo ha battuto, ma solo ai punti, il Parkinson: la malattia che lo ha umanizzato senza cancellare il passato,  quando elegantemente, quasi con noncuranza, dominava gli avversari sul quadrato. Senza però togliergli la voglia di testimoniare l’impegno civile, e di sfilare come tedoforo nei giochi ad Atlanta nel 1996 quasi a rivendicare il suo diritto a presentarsi senza nascondere gli effetti del male.

★★★

Altro grande personaggio, questa volta del mondo della canzone d’autore: Bruno Lauzi. È stato ricordato a Rocchetta Tanaro nel decennale della scomparsa, con un affollato e sincero omaggio del paese adottivo. Oltre mille voci ad intonare “Ritornerai”, quasi una speranza e nello stesso tempo il ricordo di uno dei suoi brani più struggenti ed intimisti. Due serate di “tutto esaurito” nella platea naturale di piazza Piacentino, dove sul palco si sono alternati (tra gli altri) Giorgio e Paolo Conte, Oscar Farinetti, Enzo Cortese, Daio Baldan Bembo, Iva Zanicchi e Cino Tortorella. Da segnalare anche la presentazione del film “Ora dicono fosse un poeta” con l’intervento del regista Antonio De Lucia e la recita di alcune poesie del cantautore da parte di Lidia Sbalchiero.

LIBERI! N.55

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