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Problemi cognitivi e psicologici nella malattia di Parkinson

Il Dott. Fabrizio Meazza – Psicologo presso la Fondazione Gaetano e Piera Borghi di Brebbia.
Dott. Fabrizio Meazza – Psicologo presso la Fondazione Gaetano e Piera Borghi di Brebbia.

“Sabato 14 Febbraio il dottor Meazza ha trattato il tema durante il consueto incontro mensile proposto dall’associazione. C’é stata una folta partecipazione di pubblico dato che l’argomento riguardante la sfera cognitiva del malato non era mai stato trattato prima per cui ha suscitato molta aspettativa. La poca conoscenza di questo aspetto, che non è solamente dell’ammalato di Parkinson, rischia di non sottoporlo ad una attenta valutazione e quindi di non trattare adeguatamente i disturbi associati. Le disfunzioni cognitive nell’ammalato di Parkinson possono essere legate all’esordio della malattia e all’età ma il quadro clinico è molto variabile e le sue caratteristiche non uniformi.

L’attenzione dei presenti è stata attratta principalmente da due aspetti caratteristici del comportamento del malato di Parkinson: deficit mnemonici e problemi legati alla esecuzione di un compito. Per il primo aspetto è stato essenziale comprendere come la carenza funzionale non interessa tanto la capacità di memorizzare quanto la possibilità di accedere ai dati memorizzati.Il secondo aspetto riguarda la tendenza a perseverare nei comportamenti di sempre. Siccome “ho sempre fatto così” perché dovrei cambiare abitudini? Un esempio riportato da un famigliare, durante gli interventi, può essere molto esemplificativo. Se il malato scende le scale scopandole con una mano e tenendo con l’altra un oggetto mentre contemporaneamente stringe un libro sotto l’ascella può diventare una situazione pericolosa anche se in altri tempi poteva essere normale, non solo, ma innesca una reazione poco ortodossa da parte del famigliare preoccupato della salute del coniuge.

Il mancato ricordo di eventi a breve termine (un discorso, una telefonata, un incontro, l’importo della bolletta appena letta …) e gli atteggiamenti abitudinari che col tempo possono diventare addirittura pericolosi, concorrono a creare tensioni fra caregiver e paziente con conseguente peggioramento dei rapporti e conflitti. Siccome anche chi si prende cura (caregiver) tende a mantenere l’atteggiamento di sempre (le sue abitudini) occorre che da entrambe le parti si prenda coscienza dei cambiamenti intervenuti e della necessità di avviare mutamenti nel comportamento. Poiché gli equilibri continuano ad essere minacciati occorre attuare nuove strategie, necessarie e indispensabili per ripristinare nuovi equilibri necessari a mantenere una qualità di vita sostenibile da entrambe le parti.  A questo punto si é aperta una nuova porta sugli aspetti psicologici della coppia caregiver-malato che, visto l’interesse suscitato, é stato oggetto di una specifica richiesta di un prossimo incontro con il dr. Fabrizio Meazza che si é già detto disponibile a incontrarci.

                                                                                        Un caregiver molto coinvolto”

 

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