NonChiamatemiMorbo

mostra fotografica parlante storia di resistenza al Parkinson

con le voci di Lella Costa e Claudio Bisio

Promossa dalla Confederazione Parkinson Italia in collaborazione con le associazioni che si occupano di Parkinson

Giangi Milesi, presidente della Confederazione Parkinson Italia:

“Raccontiamo la normalità di centinaia di migliaia di famiglie italiane colpite dalla malattia per fare
informazione con un sorriso: così si combattono stigma e ignoranza”

Alessandro, dopo la diagnosi, ha deciso di iscriversi a un corso per diventare clown dottore; Lorenzo ha iniziato a disegnare ed è diventato chef; Valentina è diventata madre di Angelo. Sono alcune delle 22 storie di persone con malattia di Parkinson protagoniste delle fotografie di Giovanni Diffidenti raccolte nel volume edito da Contrasto e ora confluite nella mostra “NonChiamatemiMorbo”.
La mostra verrà inaugurata il 10 settembre a Varese presso le sale dell’associazione Varesevive,
successivamente si sposterà presso le sale di Villa Oliva a Cassano Magnago dal 17 al 20 settembre, a seguire presso Villa Tovaglieri a Busto Arsizio del 24 al 26 settembre e infine a Villa Burba a Rho dal 1 al 3 ottobre. Tutte le date sono ad ingresso gratuito.
Alla mostra, organizzata dalla Confederazione Parkinson Italia, aderiscono tutti gli enti che nel nostro Paese si occupano di Parkinson con l’obiettivo comune di far crescere nell’opinione pubblica la conoscenza e la consapevolezza sulla malattia. “L’attenzione all’uso e alla scelta delle parole è il primo passo di questo progetto” sottolinea Giangi Milesi, presidente Confederazione Parkinson Italia: “NonChiamatemiMorbo è infatti un invito rivolto a tutti a cambiare atteggiamento nei confronti della malattia, a partire dal suo stesso nome: il Parkinson non è contagioso, e allora escludiamo dal nostro vocabolario la parola ‘morbo’ che è solo ingannevole!”
Le stime ufficiali parlano di 230-270mila persone colpite dal Parkinson in Italia: questa incertezza nei numeri è dovuta alla poca conoscenza della malattia, che convive ancora con molti stereotipi e pregiudizi, generando lo stigma verso i malati e le loro famiglie. È inoltre complesso formulare una diagnosi poiché sono molteplici i sintomi, che si manifestano intorno ai 60 anni ma sono in aumento i casi di giovani colpiti.
La mostra è quindi l’occasione per avere una visione differente della malattia, sottolineare l’importanza della diagnosi precoce e informare i cittadini, raccontando come, anche dopo la diagnosi, le persone con Parkinson possano continuare una vita di relazioni e attività, mantenendo un elevato livello di qualità di vita.
L’allestimento, curato gratuitamente dall’architetto Franco Achilli, prevede 22 pannelli che raccontano storie di persone con il Parkinson, tra cui il giornalista Vincenzo Mollica e lo scienziato Edoardo Boncinelli, immortalate dall’obiettivo discreto di Giovanni Diffidenti.
Scaricando l’app gratuita realizzata per la mostra, è possibile inquadrare l’apposito codice su ogni pannello per ricevere informazioni e far partire il racconto di “Mr. o Mrs. Parkinson” interpretati da Lella Costa e Claudio Bisio. I due attori, con le loro inconfondibili voci, danno vita a una narrazione in cui è la malattia in prima persona che guida il visitatore alla scoperta della vita dei protagonisti degli scatti, dai momenti difficili alle personali strategie di resilienza che ognuno di loro ha saputo applicare nella propria quotidianità.

TAPPE MOSTRA FOTOGRAFICA:
VARESE – c/o Associazione Varesevive – Via San Francesco 26
10 – 12 settembre
Inaugurazione: venerdì 10 settembre, ore 18.00
CASSANO MAGNAGO – c/o Villa Oliva – via Volta 16
17 – 20 settembre
Inaugurazione: venerdì 17 settembre, ore 18.00
BUSTO ARSIZIO – c/o Villa Tovaglieri – Via Alessandro Volta 11
24 – 26 settembre
Inaugurazione: 24 settembre, ore 18.00
RHO – c/o Villa Burba Cornaggia Medici – Corso Europa 291
1 – 3 ottobre
Inaugurazione: 1 ottobre, ore 18.00

Presentazione mostra

Tutte le tappe

Liberi! n.67

Evviva la chat anti Covid: quando un sms tra ricette e musica ci dona il sorriso

Un fatto è certo: nulla è e sarà più come prima. E per molti versi sarà meglio di prima. Il vero e proprio tsunami Covid ci ha cambiato la vita: dall’allarme generale innescato nel febbraio 2020 al semi-liberi tutti dell’estate scorsa. Poi il ritorno della crescita contagi nell’inverno e primavera 2021; infine la partenza dell’operazione vaccinazioni, le mille incertezze legate al tipo di vaccino inoculato e le polemiche, tra Astra Zeneca, Pfizer, Moderna o Johnson.

Speriamo ora che, con la campagna vaccini estesa a tappeto e il caldo estivo che aiuta l’estinzione del virus, l’allarme possa rientrare. E che d’autunno non si parli più di percentuale contagi, fattore Rt o altro. Un linguaggio tecnico e mille interpretazioni che ci fanno solo infruscare. In mezzo a questa multiforme Babilonia, c’è un elemento che ci ha accomunato: la voglia di non perdersi di vista, restare in contatto tra Parkinsoniani e i parenti, gli amici e chi ci segue. Tutti connessi e collegati. Insomma, è emerso, irrefrenabile, il forte desiderio di COMUNITÀ.

Se la seconda ondata pandemica ha inciso su di noi, provocando disorientamento e sete urgente di vaccino, è anche vero che ci siamo industriati per capire come non rimanere soli, isolati, esiliati. Un’idea semplice e geniale per i soci dell’Associazione Parkinson Insubria è stata la Chat su WhatsApp – chiamata “Attività AsPI BIS” – che ci ha fatto sentire solidali. È innegabile, la vita insieme è fatta di abbracci, baci, dialogo e parola in presenza, azioni concrete guardandosi negli occhi. Ma se costretti per qualche tempo all’isolamento coatto, con mascherina appiccicata sul viso, pena l’incombente contagio, allora anche un computer o un cellulare può servire per tenersi un po’ su. Così se ti arriva su WhatsApp la ricetta della crostata di frutta, del plum cake ai mirtilli o un buon consiglio per preparare i tortelli di zucca con la dose corretta di amaretti, la probabilità e altissima che torni il sorriso sul viso di nonna Francesca, papa Massimo o del nipotino Alessandro…

E quando una giornata inizia storta, con l’umore sotto i tacchi, cosa c’è di meglio che una serie di musiche che ti arrivano dagli amici veri dell’As.P.I. sul telefonino?

Stupende ed apprezzate le proposte dei brani in MP3 come i 21 notturni di pianoforte di Fryderyk Chopin (meravigliosa preparazione al sonno) o i brani romantici della serie “musica per sognare”, tutti proposti – con oculata posologia – dal nostro sapiente musicologo Mario Pennisi… Si va da Anonimo Veneziano

a Moon River, da Image a Michele dei Beatles, dai brani mitici di Frank Sinatra, Barbra Streisand, e i classici interpretati dalla voce di Pavarotti, Bocelli e da Francesca Lombardi Mazzulli, brani stupendi eseguiti dai nostri amici violinisti Guido e Giulia Rimonda e Francesco Postorivo.

Tutti abbiamo capito che quando la società soffre, subito ciascuno si spaventa, tende a chiudersi, ma subito dopo ad aprirsi e a fare cerchio, a trovare soluzioni rapide, concrete, efficaci.

A partire dalla coppia e dalla famiglia: tutti abbiamo innescato un circolo virtuoso chiamato Comunità, per capire come condividere il disagio, aiutarci nell’uscita dal tunnel e ripartire insieme con uno spirito rinnovato e metodi evoluti. Ecco perché nulla e sarà più come prima. E per molti versi sarà meglio di prima, se sapremo proseguire nel nuovo metodo, integrandolo con il dialogo in presenza e il contatto personale.

Dalla direzione e redazione di LIBERI!, dal consiglio direttivo dell’Associazione Parkinson Insubria Varese odv un AUGURIO di un’ESTATE di gioia vera e condivisa.

Liberi! n. 67

Sole d’Oro 2020 – premiazione Kicca Ferrario

Ancora una volta As.P.I. è stata premiata col Sole d’Oro, che viene ogni anno consegnato dal CSV di Varese a persone che si sono distinte per la propria attività di volontariato.

Quest’anno a ricevere il premio è stata la nostra Kicca, alla quale vanno le nostre congratulazioni ma soprattutto il nostro ringraziamento!

Di seguito potete ascoltare l’intervista a Kicca fatta in occasione della premiazione:

La vita dopo il Covid può essere più vera, intensa, appagante.

Serve sostegno alle famiglie e forza interiore nel difficile periodo post Covid: contro le paure, l’antidoto migliore è il rispetto delle regole sanitarie e l’associazionismo, l’elemento più potente contro le solitudini.

di Giuseppe Macchi

Il silenzio assordante ci ha accompagnato lungo le vie del centro città o nei piccoli borghi di provincia. Pochissime le auto che circolavano, i bus drasticamente ridotti nelle corse, solo i furgoni delle consegne attivi, come pure le pattuglie di Polizia e Carabinieri che fermavano chiunque passeggiasse, mentre le sirene delle ambulanze emettevano un urlo più acuto del consueto. Per tre mesi l’allarme Covid19 ci ha paralizzati.

Varese, Gallarate, Busto Arsizio ma anche Azzate, Duno o Viggiù hanno rispettato le regole. Ora il “coprifuoco” è finito ma l’allarme no, il virus può covare sotto la cenere.

Mesi difficili, quella della pandemia. Sentirsi isolati e reclusi forzatamente ha provocato in noi una sensazione di scoramento. Se poi la malattia di Parkinson fiacca, già di suo, fisico e psiche la sensazione è assai peggiore. “Mala tempora currunt” per svariate ragioni: salute, economia, lavoro, relazioni familiari, salute e psicologia. Siamo stati travolti da qualcosa di inaspettato, un nemico invisibile ma reale, il modo di affrontare questo periodo è cambiato molto in base alla situazione familiare: ci sono stati nuclei che hanno visto acuirsi le conflittualità già preesistenti, altre in cui regnava l’armonia che hanno affrontato questo periodo come un’occasione per stare più insieme, migliorare il dialogo, aumentando i gesti d’affetto.

Il primo cambiamento è stato il fatto che la Casa, luogo della famiglia, è assurta al centro del nostro mondo: il soggiorno e la cameretta si sono trasformate per gli studenti come aule scolastiche, la cucina come crogiolo di dialogo e telefonate private e di smart working di papà o mamma, il bagno trasformato nella trafficata toilette di un centro commerciale il sabato pomeriggio… Il tutto accompagnato da una Comunicazione radio-tv martellante ma non sempre chiara.

Tutto ciò è stato affaticante e si è naturalmente riverberato sugli equilibri familiari, tra i malati di Parkinson e i loro caregivers. E le scissioni tra nipoti e nonni e tra figli (adulti) e genitori (anziani) hanno costituito ferite profonde nel periodo di confinamento (lockdown) appena concluso. A questo proposito è stata utile la nascita in As.P.I. Varese della chat su whatsapp della pagina/gruppo dedicata alla Vita in tempo di Covid19, spazio dove la parola, la fotografia e il video hanno riverberato affetto, comunicazione, voglia di combattere la solitudine con il contatto solidale e fraterno.

E ora quali sono le strategie più consone a fare della ripresa? La prima cosa da fare è certamente quella di rinforzare i legami, quelli familiari, quelli tra insegnanti e studenti, tra medici e pazienti, tra associati e associazioni. È il momento di fare quadrato e mettere in campo le risorse sanitarie, di volontariato, di sostegno e mettere in comune le esperienze e i bisogni reali. Va ripensata la cosiddetta “prossemica” cioè la distanza, l’insieme dei comportamenti nello spazio che definiscono la nostra comunicazione con gli altri: se prima avevamo una società che gradiva abbracci, strette di mano, vita da bar, teatro, concerti ora ci ritroviamo in una serie di modalità molto differenti. Non è facile adattarci, dobbiamo industriarci con nuovi metodi che rispettino salute e sensibilità altrui.

Da una parte bisogna attenersi alle regole del distanziamento fisico perché rassicurano ma dall’altro dobbiamo provvedere alla nostra salute mentale e fisica, combattere le paure e fortificarci.

Se il Covid19 ha messo a nudo le nostre fragilità, di contro ha evidenziato nuove potenzialità: sia la forza della tecnologia online sia l’occasione di conoscenza di sé, di empatia, di collaborazione e solidarietà, valori la cui importanza è emersa più forte che mai negli ultimi mesi. E gli effetti benefici li possiamo vedere nei tanti gesti di aiuto sia singoli sia associativi che in questi mesi sono stati realizzati. Perché oltre ai metodi sanitari, ci sono antidoti potenti e micidiali contro la malattia: si chiamano amore, coppia, famiglia, spiritualità, cultura, poesia, viaggi, musica, arte, scienza. E sappiamo bene come il sorriso del volontariato e l’operosità solidale vincano mille paure.

LIBERI! n. 65